Il 26 novembre 2025 si è tenuta la terza edizione di Upskill Piemonte, un’occasione di confronto che ha riunito istituzioni, imprese e realtà del territorio per discutere il ruolo del commercio di prossimità e delle competenze tecniche nella trasformazione urbana. La giornata è stata un momento di osservazione privilegiata sulle dinamiche che stanno ridisegnando la vita dei quartieri, le abitudini dei cittadini e le prospettive delle nostre città.
Gli interventi, i dati condivisi e gli spunti offerti dai diversi relatori hanno permesso di aprire uno sguardo più ampio su fenomeni strutturali che riguardano il presente e il futuro del tessuto urbano. È a partire da questa esperienza che si propongono alcune riflessioni sui trend emergenti, sul valore strategico della prossimità e sulla necessità di ripensare il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci incontriamo nelle città.
Negli ultimi dieci anni le città italiane hanno attraversato un cambiamento silenzioso, ma strutturale. I numeri parlano chiaro: 118.000 negozi al dettaglio hanno chiuso tra il 2012 e il 2024, oltre un quinto dell’intero comparto retail. Le librerie sono diminuite del 36%, l’arredamento del 35%, l’abbigliamento del 26%. Anche gli alimentari di vicinato – cardine della vita quotidiana – hanno perso il 13,6% delle attività.
Questo fenomeno non è solo economico: è culturale, sociale, urbanistico. Il commercio di prossimità, che per decenni ha definito il ritmo e l’identità dei quartieri, si trova oggi schiacciato tra globalizzazione, piattaforme digitali, aumento degli affitti, espansione dei centri commerciali e turismo di massa. E mentre le grandi catene crescono e gli affitti diventano insostenibili per gli indipendenti, gli spazi urbani cambiano volto.
Quartieri che si svuotano: quando la perdita di negozi diventa perdita di vita
Durante l'evento i dati presentati hanno messo in evidenza come:
- Il 74% degli italiani collega la desertificazione commerciale a un calo della qualità della vita
- Il 22% sarebbe disposto a cambiare quartiere se venissero meno negozi e servizi
- Nelle zone più colpite, il valore degli immobili può diminuire fino al 15%, con differenziali che superano il 30% rispetto ai quartieri più vitali
È un circolo vizioso: meno attività ? meno persone nelle strade ? più percezione di insicurezza ? minor interesse ad abitare o investire nella zona
Ed è una dinamica che riguarda in particolare le città medio-piccole del Centro-Nord, dove la chiusura degli esercizi tradizionali è stata più marcata.
La prossimità come infrastruttura sociale
Nella società della mobilità veloce, dell’e-commerce e delle piattaforme digitali, potrebbe sembrare paradossale che proprio il negozio di quartiere torni ad avere una centralità strategica. Eppure i dati lo confermano:
- Il 64% degli italiani vede i negozi come luoghi di aggregazione
- Il 59% li considera presidi sociali, utili anche per le persone fragili
- Il 57% si sente più sicuro in aree con esercizi di vicinato
- Fino al 50% di ogni euro speso nei negozi indipendenti resta nell’economia locale (contro meno del 15% per le catene)
Le nuove generazioni mostrano una sensibilità particolare:
- Il 62% della GenZ e dei Millennials preferisce brand sostenibili
- Il 73% è disposto a pagare di più per prodotti a basso impatto
- L’80% ritiene essenziale che le aziende abbiano un purpose sociale positivo
Non è solo una nuova domanda di beni, ma di esperienze, relazioni, autenticità. È qui che entra in gioco il negozio di prossimità come spazio “ibrido”.
Il negozio come luogo di esperienza, comunità e cultura
I negozi del futuro possono reinventarsi lungo tre direttrici:
- Esperienza: l’acquisto diventa evento, con personalizzazioni, degustazioni, lavorazioni live, micro-factory urbane
- Socialità e comunità: il negozio diventa un “terzo luogo”, uno spazio dove incontrarsi, partecipare, creare (laboratori creativi, serate a tema, caffè esperienziali)
- Cultura e heritage: gli esercizi si fanno promotori di cultura e identità locale: mostre, talk, eventi, format editoriali.
Questa ibridazione permette al commercio di diventare ciò che i quartieri hanno oggi più bisogno: spazi capaci di generare senso, relazioni e appartenenza.
Ripensare la città del futuro: una questione di qualità dell’abitare
Questo porta a pensare come la città del futuro non sarà costruita sulle grandi direttrici della mobilità veloce, ma sulla prossimità, sui percorsi brevi, su servizi diffusi e su un tessuto commerciale capillare.
Per il contesto italiano, questo implica:
- Rigenerare il commercio di vicinato con politiche mirate (affitti calmierati, incentivi all’innovazione, gestione intelligente del turismo)
- Rendere lo spazio pubblico più curato e attrattivo, perché è la cornice in cui la socialità prende forma
- Sostenere la transizione digitale dei piccoli negozi, che devono competere in un ecosistema sempre più ibrido
- Promuovere funzioni culturali e comunitarie diffuse: più eventi nei quartieri, più collaborazione tra imprese, scuole, associazioni, centri culturali
Il futuro urbano non sarà fatto di grandi centri commerciali, ma di micro-centralità diffuse, dove commercio, cultura e socialità si intrecciano.